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Sua Maestà Pepito Avellaneda

Il 25 Marzo 1996 sul palcoscenico del Teatro Comunale di Casale Monferrato, con la sua compagna Gilda Suzuki, Pepito Avellaneda ballò il suo ultimo tango. Era La Payanca, nell'arrangiamento di Pugliese suonato dall'orchestra Color Tango. Avevamo invitato Pepito per il tour di Tangueros e per il debutto della prima versione di Milonga Boulevard. Quella era la prima volta che José Domingo Monteleone, di ascendenza italiana, veniva in Italia.

Di video di Pepito e Suzuki è pieno il web. Per questo preferisco condividere queste sue poche e significative parole, un commovente testamento artistico registrato durante l'intervista che gli facemmo all'Arena del Sole di Bologna, pochi giorni prima che ci chiedesse di tornare a casa, nel suo barrio di San Cristobal, sotto il suo immenso cielo al revés.

Tutti amano veder Pepito ballare la milonga e il vals perché è gioia, ritmo, leggerezza: un ballerino eccezionale. Ma solo chi lo ha visto interpretare Pugliese e Di Sarli, "darle el motivo, las cadencias, las pausas" alle note più malinconiche e potenti come in quell'ultima Payanca di vent'anni fa, può capire la grandezza artistica di un ballerino che sceglieva i passi con la stessa delicatezza con cui si scelgono le parole d'amore.

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