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catalogo tangueros

posso parlarti, oh corpo

che hai accolto le mie furie?

abbiamo passato insieme tutta la notte

e gridato

e goduto

e creduto nella vita

Juan Gelman

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TANGUEROS

guida al tango ad uso delle giovani generazioni

CATALOGO

Catalogo Tangueros

Nel tango, tutto si tiene. Così come i tanghi di Arolas sono confluiti nell'eresia di Piazzolla, quelli di Troilo, Laurenz e Rovira coabitano nella musica del Trio Esquina. Mezcla rara di patio e avanguardia, il loro tango è scarno e tagliente, ricco di linee melodiche, contrappunti, ritmi complessi, ma allo stesso tempo caldo e affettuoso. Le coreografie della prima parte di Catalogo rispecchiano l'inconsueta asciuttezza timbrica del tango e la leggerezza moderna dei vals e delle milonghe. Nella seconda, quando al Trio Esquina si aggiunge il quartetto d'archi Alma, le coreografie si ingigantiscono, come le ombre quando ci si avvicina alla luce. I tre pezzi sulla musica di Eduardo Rovira che chiudono lo spettacolo, esigono dai ballerini dinamiche esasperate, nuove prese, maggiore consapevolezza individuale. 

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creazione e coreografia

Mariachiara Michieli
 

musiche principali

Eduardo Rovira, Astor Piazzolla


arrangiamenti per archi

César Stroscio e Claudio Enriquez
 

scene e luci

Mariachiara Michieli e Marco Castellani

 

costumi

Felicina Dalle Piagge

 

per quattro danzatori

 

musicisti

Trio Esquina
César Stroscio bandoneòn
Leonardo Sanchez chitarra
Hubert Tissier contrabbasso

 

Cuarteto Alma
Alessandro Vavassori violino
Luciano Saladino violino
Daniele Pagella viola
Rachele Rebaudengo violoncello 

dalla stampa

Le ombre del tango nella sera

Dal tango romantico dell'epoca d'oro alla versione più innovativa di Astor Piazzolla, la serata ha vissuto nella sapiente alternanza di situazioni ed emozioni. Lo spettacolo ha raggiunto i momenti di più alta intensità quando ha proposto alcuni pezzi del filone contemporaneo di notevole impatto: lo sfondo della facciata principale di Villa Venier, illuminata solo dalle fiammelle poste sui davanzali, le ombre ingigantite dei ballerini proiettate dal basso sulla macchia verde attorno al palco, le statue dei giardini che appaiono nella penombra. Insomma una suggestione di grande effetto che lo spettacolo ha saputo cogliere ed esprimere con delicatezza ed eleganza. La Nueva Compania Tangueros ci ha fatto palpitare di nuovo il cuore.

Stefano Roncon, L'Arena - 2003

debutto

Ascona Festival, Svizzera 2002

 

teatri principali

Vignale Danza

Danza nel Giardino del Principe, Loano

Chiesa di S.Maria dello Spasimo, Palermo

Villa Arconati, Milano

Teatro Duse, Bologna

Teatro Comunale, Teramo

Bassano Opera Festival

Acqui in Palcoscenico

Teatro Piccinni, Bari

Politeama Greco, Lecce

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Nel giardino delle meraviglie

Nella musica di Eduardo Rovira vi è del genio. Invano vi cerchereste la continuità imperiosa di Piazzolla, il suo pessimismo spietato, la quasi disperata asserzione di sopravvivenza. Vi sono altri profumi e sapori, una malinconia gentile, un sentore lieve di primavera e una struggente volontà di canto, unita a un disegno formale dei pezzi non meno ampio che nel grande Astor, e anzi talora più capriccioso e rapsodico. Autore meno prolifico, meno prepotente, meno assoluto di Piazzolla, Rovira è però un petit maitre che fa innamorare di sé e che, senza rinunciare alle asprezze dl tango, cluster iracondi e scoppi percussivi, sa conquistare con mano gentile. Forse sta proprio qui l’affinità artistica con Stroscio, che gli fu allievo e oggi è depositario e scrupoloso custode. Egli suona Rovira con il gusto con cui altri disporrebbe un mazzo di fiori. Lo confesso: non avevo capito che dal bandoneón si potessero trarre tanti colori e perfino intrecciarne due in polifonia con le due mani. L’esecuzione di Stroscio non tesa a produrre sincronie impeccabili, ma anzi sciolta e romanticamente trasandata, è stata motivo non minore dell’incanto di questa serata. Quali i titoli più belli? Per primo A Luis Luchi (che come Evaristo Carriego è un poeta argentino), un ampio tango in rondò con cambi di tempo e umore che vorremmo dire mingusiani, e poi il perentorio Que lo paren e ancora Sónico, con il suo irrisolto ed erratico modulare - un Epistrophy del Rio de la Plata. 

Marcello Piras, Il Sismografo

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Brani come A Evaristo Carriego, Que lo paren o Sónico, hanno messo in luce l’origine popolare di un materiale melodico che, senza aver mai ascoltato Rovira, sarebbe potuto apparire tipico delle composizioni di Piazzolla. In altre parole, si è avuta la dimostrazione di come la riscoperta di autori considerati - spesso a torto - minori, aiuti a meglio comprendere persino l’operato dei grandi. Ma ciò che ha rivelato ancora più chiaramente i rapporti, impensabili a priori, tra il tango tradizionale e l’avanguardia dei due maestri argentini, sono state le illuminanti coreografie di Mariachiara Michieli. Se quelle del primo atto erano una reinvenzione e una stilizzazione di un liguaggio popolare assodato le cui conquiste formali sono tutte da attribuire al tono, al garbo, alle sfumature, quelle del secondo atto ci hanno mostrato cosa potrebbe diventare il tango se fosse portato alle estreme conseguenze. E non solo per le prese aeree, i salti, i movimenti acrobatici che, a ben vedere, non sono altro che la proiezione coerente di quanto la musica già dice, ma soprattutto perché i ballerini che si prendono e si lasciano, che si aiutano senza più distinzione di ruoli, alla fine vengono sempre ricondotti a quell’abbraccio che tutto spiega e che da solo giustifica l’esistenza di una danza chiamata tango.

La gazzetta del mezzogiorno - 2003

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